I Resti Settembrini – L’uomo in più, la libertà.
Settembre mese introspettivo di luce che soggiace, si chiude una stagione e non si ritorna in prima elementare, con le castagne e “a” di ape, bensì si procede sul treno, chissà se nei vagoni làddavanti c’è posto. Cambia il tempo ma noi pure, forse.
Settembre ci appanna i vetri.
Ed è subito Autunno, i solstizi non si convengono più di tanto, ad esser franchi.
Settembre lo dedico alle riflessioni, prima che sull’onda di stagione le riflessioni si dedichino a me, caducandomi come foglia, che di stagione sull’alberi si sta, è risaputo.
Riflessioni Senecalesi, sulle misure e sui pesi, sui caratteri e sui fenomeni, sulle mie percezioni e le altrui virtù.
Film letterariamente ma non scientificamente ispirato alle vite messe in parallelo di Agostino Di Bartolomei e Franco Califano (o personaggio simile), “L’Uomo in Più”, è storia di due omonimi Antonio Pisapia a Napoli, del loro cadere dall’alto relativo di carriere in corsa e della conseguente fuga della vita, e di loro e come, e chi, a riacchiapparla per le recchie, prima che tagli i ponti e chiuda i giochi.
Uno è triste e ingenuo, moralista e ostinato, maniacale e limitato.
L’altro allegro, prepotente, sciolto da vincoli morali e dedito alla cocaina, smisurato, tabagista.
L’etica li sfiora, ma non appartiene al cuore dei ragionamenti, ognuno se la fa per sé, e la condivide in cuor suo con la propria libertà e con la misura che se ne da.
Il Pisapia che urla rauco “voglio andare a Capri” e sottintende appunto la propria libertà, non rinuncerà certo a vivere, ma resta libero nella sua cella, lui e la sua spigola.
Troppe misure esterne intorno alla nostra libertà ed etiche in prestito. Etiche che forse a ben vedere nemmeno ci convengono. Etiche che mordono il freno alla vita. Etiche che sono altari sacrificali per il proprio talento. Etiche claustrofobiche in ambienti chiusi. Etiche che ti fanno aspettare il turno. Etiche che non ci consentono di rubare, ma non impediscono i furti. Etiche sottomesse. Etiche senza mare, senza spigole. Etiche smussate. Etiche per farsi fregare.
Etiche dove resti l’uomo in più.
Etiche che si dimenticano della libertà.
Alla parata militare
sputò negli occhi a un innocente
e quando lui chiese "Perché "
lui gli rispose "Questo è niente
e adesso è ora che io vada"
e l'innocente lo seguì,
senza le armi lo seguì
sulla sua cattiva strada.
Sui viali dietro la stazione
rubò l'incasso a una regina
e quando lei gli disse "Come "
lui le risposte "Forse è meglio è come prima
forse è ora che io vada "
e la regina lo seguì
col suo dolore lo seguì
sulla sua cattiva strada.
E in una notte senza luna
truccò le stelle ad un pilota
quando l'aeroplano cadde
lui disse "È colpa di chi muore
comunque è meglio che io vada "
ed il pilota lo seguì
senza le stelle lo seguì
sulla sua cattiva strada.
A un diciottenne alcolizzato
versò da bere ancora un poco
e mentre quello lo guardava
lui disse "Amico ci scommetto stai per dirmi
adesso è ora che io vada"
l'alcolizzato lo capì
non disse niente e lo seguì
sulla sua cattiva strada.
Ad un processo per amore
baciò le bocche dei giurati
e ai loro sguardi imbarazzati
rispose "Adesso è più normale
adesso è meglio, adesso è giusto, giusto, è giusto
che io vada "
ed i giurati lo seguirono
a bocca aperta lo seguirono
sulla sua cattiva strada,
sulla sua cattiva strada.
E quando poi sparì del tutto
a chi diceva "È stato un male"
a chi diceva "È stato un bene "
raccomandò "Non vi conviene
venir con me dovunque vada,
ma c'è amore un po' per tutti
e tutti quanti hanno un amore
sulla cattiva strada
sulla cattiva strada.
Settembre ci appanna i vetri.
Ed è subito Autunno, i solstizi non si convengono più di tanto, ad esser franchi.
Settembre lo dedico alle riflessioni, prima che sull’onda di stagione le riflessioni si dedichino a me, caducandomi come foglia, che di stagione sull’alberi si sta, è risaputo.
Riflessioni Senecalesi, sulle misure e sui pesi, sui caratteri e sui fenomeni, sulle mie percezioni e le altrui virtù.
Film letterariamente ma non scientificamente ispirato alle vite messe in parallelo di Agostino Di Bartolomei e Franco Califano (o personaggio simile), “L’Uomo in Più”, è storia di due omonimi Antonio Pisapia a Napoli, del loro cadere dall’alto relativo di carriere in corsa e della conseguente fuga della vita, e di loro e come, e chi, a riacchiapparla per le recchie, prima che tagli i ponti e chiuda i giochi.
Uno è triste e ingenuo, moralista e ostinato, maniacale e limitato.
L’altro allegro, prepotente, sciolto da vincoli morali e dedito alla cocaina, smisurato, tabagista.
L’etica li sfiora, ma non appartiene al cuore dei ragionamenti, ognuno se la fa per sé, e la condivide in cuor suo con la propria libertà e con la misura che se ne da.
Il Pisapia che urla rauco “voglio andare a Capri” e sottintende appunto la propria libertà, non rinuncerà certo a vivere, ma resta libero nella sua cella, lui e la sua spigola.
Troppe misure esterne intorno alla nostra libertà ed etiche in prestito. Etiche che forse a ben vedere nemmeno ci convengono. Etiche che mordono il freno alla vita. Etiche che sono altari sacrificali per il proprio talento. Etiche claustrofobiche in ambienti chiusi. Etiche che ti fanno aspettare il turno. Etiche che non ci consentono di rubare, ma non impediscono i furti. Etiche sottomesse. Etiche senza mare, senza spigole. Etiche smussate. Etiche per farsi fregare.
Etiche dove resti l’uomo in più.
Etiche che si dimenticano della libertà.
Alla parata militare
sputò negli occhi a un innocente
e quando lui chiese "Perché "
lui gli rispose "Questo è niente
e adesso è ora che io vada"
e l'innocente lo seguì,
senza le armi lo seguì
sulla sua cattiva strada.
Sui viali dietro la stazione
rubò l'incasso a una regina
e quando lei gli disse "Come "
lui le risposte "Forse è meglio è come prima
forse è ora che io vada "
e la regina lo seguì
col suo dolore lo seguì
sulla sua cattiva strada.
E in una notte senza luna
truccò le stelle ad un pilota
quando l'aeroplano cadde
lui disse "È colpa di chi muore
comunque è meglio che io vada "
ed il pilota lo seguì
senza le stelle lo seguì
sulla sua cattiva strada.
A un diciottenne alcolizzato
versò da bere ancora un poco
e mentre quello lo guardava
lui disse "Amico ci scommetto stai per dirmi
adesso è ora che io vada"
l'alcolizzato lo capì
non disse niente e lo seguì
sulla sua cattiva strada.
Ad un processo per amore
baciò le bocche dei giurati
e ai loro sguardi imbarazzati
rispose "Adesso è più normale
adesso è meglio, adesso è giusto, giusto, è giusto
che io vada "
ed i giurati lo seguirono
a bocca aperta lo seguirono
sulla sua cattiva strada,
sulla sua cattiva strada.
E quando poi sparì del tutto
a chi diceva "È stato un male"
a chi diceva "È stato un bene "
raccomandò "Non vi conviene
venir con me dovunque vada,
ma c'è amore un po' per tutti
e tutti quanti hanno un amore
sulla cattiva strada
sulla cattiva strada.
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