Saturday, September 29, 2007

Alla Stazione Tiburtina.


Alla Stazione Tiburtina. Ore sette del mattino, il mattino appartiene ad un sabato. Comparto recintato da griglie, il piazzale dell’Autovia, come si suol dire brulica, d’anime passanti e pezzi di sonno svegliati dopo recenti notti dalle ore corte. Brulica multilingue, siamo tutti qui per fare un biglietto, everybody waiting for a torpedone e intanto standing come si può standing a quell’ora, ma oramai è fatta, forse avanza tempo per un caffè, forse non c’è nemmeno bisogno di un caffè, passa una signora che deve andare a Rossano in Calabria (e io so che a Rossano ci fanno le liquirizie), penso che ho smesso di fumare ma in quel luogo è metafisicamente sbagliato che il fumo faccia male ai polmoni, mentre un uomo dal forte accento calabrese si accerta che la signora di prima, essendo esteuropea&passibile d’equivoco linguistico, stia cercando per davvero a Rossano in Calabria e non a Rosarno, perché quello è un altro posto e poi una volta preso il pulman quello è e quello ti tieni.
Il pullman della Simet dove ferma? E quello di Foderaro? C’è l’Arpa che va in Abruzzo, ma gli uffici per i biglietti sono chiusi, forse si fanno a bordo, signò.
Poi c’è il mondo dei pulman polacchi che vanno a Cracovia e i volantini promuovono offerte coi prezzi nerettati e grossi, evidenziati nelle stelline gialle, ci sono i pulman per la Romania, che fermano a Sibiu, capitale della cultura europea, quest’anno o forse l’anno scorso e a Brasov, dove c’è una squadra di calcio locale che se non sbaglio una volta ha incontrato il Milan.
Passano portati da impegni e appuntamenti, passano coi trucchi pesanti e le code di cavallo, passano coi sederi grossi e gli stivali rubati al ranch di Sue Ellen negli anni 80.

Oggi poi sta pure a cambià il tempo, si sente l'imminenza dell'alta pressione.
Passano quelli brutti colle facce da galera.
Passano i terroni, passano gli studenti che tornano a casa, passano in tuta e scarpe da ginnastica, passano con delle provviste.
Poi ad un certo punto smettono di passare, s’assettano sulle poltrone e cominciano a contare le ore che mancano, che forse il pulman non fa più fermate neanche per pisciare, si va dritti a casa senza più pensare. Anche il mio pulman parte, ma io resto giù, consegno un pacco all’autista e vado a fare colazione al bar. Da solo, senza nemmeno poter offrire un caffè a quell’uomo che mi ha risparmiato il viaggio, sicchè alla Stazione Tiburtina io ci sono stato solo di passaggio.


La vedi nel cielo quell'alta pressione?

La senti una strana stagione?

Ma a notte la nebbia ti dice d'un fiato

che il dio dell'inverno èarrivato.

Lo senti un aereo che porta lontano?

Lo senti quel suono di un piano

di un Mozart stonato che prova e riprova

ma il senso del vero non trova?

Lo senti il perché di cortili bagnati,

di auto a morire nei prati,l

a pallida linea di vecchie ferite,

di lettere ormai non spedite?

Lo vedi il rumore di favole spente?

Lo sai che non siamo più niente?

Non siamo un aereo né un piano stonato,

stagione,cortile od un prato

Conosci l'odore di strade deserte

che portano a vecchie scoperte,

a nafta,telai,ciminiere corrose,

a periferie misteriose,a rotaie implacabili per nessun dove,

a letti,a brandine,ad alcove?

Lo sai che colore han le nuvole basse,

e i sedili di un'ex terza classe,

l'angoscia che dà una pianura infinita?

Hai voglia di me e della vita,

di un giorno qualunque,di una sponda brulla?

Lo sai che non siamo più

nulla?

Non siamo una strada né malinconia,

un treno o una periferia,

non siamo scoperta né sponda sfiorita,

non siamo né un giorno né vita

Non siamo la polvere di un angolo tetro

né un sasso tirato in un vetro,

lo schiocco del sole in un campo di grano,

non siamo, non siamo, non siamo.

Si fa a strisce il cielo e quell'alta pressione

è un film di seconda visione,

è l'urlo di sempre che dice pian piano:

non siamo, non siamo, non siamo

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