Friday, December 14, 2007

Dalla Stazione di Santa Palomba


Arrivo alla Stazione di Santa Palomba che sò le 14.00.
Mancano venti minuti al Treno per Roma.
Alla Stazione di Santa Palomba c’è il cartello Pomezia, ma sugli orari c’è scritto Santa Palomba.
E’ la stessa cosa. O’devi sapè. Da Noi è tutto così. Lo devi sapè, ce devi esse già stato, te l’ha detto qualcuno che “ò sapeva”.
E un po’ come quando arrivi a Termini e devi prendere la Linea A della Metro.
Lo devi sapè qual è il passaggio per arrivarci. Le indicazioni so un po’ ovunque, pè-nò-sbagliasse, sparse, sparpagliate e infin disperse. Alcuni per andare a prendere la metro A, finisce che passano dalla fermata Repubblica, a un chilometro. Altri prendono la metro B …è normale che per prendere la A passi sulla banchina della B… lo devi sapè!
La ggente non sanno vivere.
Ma torniamo a Santa Palomba.
Sembra gnentedechè, ma se la confronti con la Stazione di Cancelliera, nota solo ai residenti entro 5 km a dir tanto, Santa Palomba è la Gare De Lion! In confronto poi a quella di Pavona, altra stazione di zona, lasciata là sul binario unico, buttata per terra come fosse una siringa, andòve forse ce passa il treno…bè Santa Palomba in confronto è New York ! – ma ce l’avranno la Stazione Ferroviaria a NewYork? Non mi ricordo di baci in partenza al binario 12 tra un Gregorypèck e una Ingrid Bergman.
Detto questo, so passati venti minuti, arriva il treno, salgo lo scalone de mezzometro e prendo il posto che si vede fuori.
Il viaggio è breve, venti minuti.
Faccio affacciare i pensieri dal finestrino e li metto a visionare i chilometri che passano.
Quando parti ti si crea un microcosmo che sta tra partenza e l’arrivo, e in mezzo ci sei tu, fratello attento, come Zona Temporaneamente Autonoma, sospensione in vista di, classico Luogo della Mente. Lasci che sia. Tutto così.
Passa la ruggine dei binari, passano le case coi vetri doppi, passano le fratte che prendono fuoco d’estate, passa una casaletto isolato ingòpp’a’n montarozzo e chissà chicci abita che c’erano pure due metri de prato fòri, passano i campi da calcio, ne vedo almeno quattro e intravedo una polisportiva così sgangherata che sembra Messico – lì Nino ce lo vedo bene a tirar rigori -, passano acquedotti orgogliosamente in fila nei secoli, un paio d’archi si staccano per gli affari loro a far storia a parte, passano intraviste appena le grotte dirupate&nascondite sotto i crostoni, che secondo me là c’è Bin Laden ed Emanuela Orlandi, passano furtivamente gli orti clandestini d’insalata colle zappe piantate tra i righi pettinati de sementi interrati a cresce, si vede lo sbocco di un viale alberato dove però non c’è parcheggio, seguono alcune case graziosamente concepite per i risparmiatori che nel 1980 circa acquirevano appartamenti fini&rifiniti con mattoncini&balcone, passa una radura che io ci girerei un bellissimo West, cavalli al galoppo e sparatorie dietro i sassoni come fossero soldatini, colle riprese dall’alto che si vede bene che tutto è finto e circoscritto ma è bello lo stesso che è più finto chi fa finta senza pensarci poi tanto, passa un branco di pecore che poi ci fanno le foto e le stampano sull’etichette verdi del pecorino vergaro, ah la campagna romana e i prodotti di una volta che ancora resistono e l’alimentari sottocasa te lo vende come un complice locale, passano i soliti panni stesi sui palazzoni, passa la Stazione di Torricola che forse un giorno, nel 2106, sarà integrata con Territorio&Ambiente come fosse una fermata della RER di Parigi, passano i pali, i fili i binari le tangenziali le corti di palazzi giallini rosacci e griglianti, passano i treni vicini e con l’odor dei freni bruciati si scende, benvenuti a Termini Station.
E se dovete prendere la Metro A, tanto il passaggio lo sapete, no? Occhio a non finì a Laurentina.
Antonello venditti – Theorius Campus
IN MEZZO ALLA CITTA’

Strade di case grigie di neve sporca, te ne vai
(...tu...)
sono le otto la Standa è già chiusa
e il mio letto ti dice ciao
Io sono sempre più solo ed intorno la mia città
cravatte di seta di povera gente che vive dentro un metrò.
E al mattino penserai fra il caffè e la tua realtà
come è strano insieme a lui proprio in mezzo alla città.
(...tu...) u
na vestaglia, vini di Creta, dischi
(...quel che mi hai dato...)
di Leonard Cohen
(...io...)
le mie canzoni, le mie scenate comiche
(...quel che ti ho dato...)
di Charlott
Cosa farai questa notte,
una luce si spegnerà ed il freddo,
le luci, la rabbia, la nebbia
e l'amore che se ne va.
Ma al mattino penserai
fra il caffè e la tua realtà
come è strano insieme a lui
proprio in mezzo alla città

3 Comments:

Anonymous Anonymous said...

mi piace:O’devi sapè.

Tre parole per un concetto infinito!!

14/12/07 9:20 AM  
Anonymous Anonymous said...

ho vagamente presente la zona....anni e anni di pendolarismo...:D

28/12/07 11:53 AM  
Anonymous Anonymous said...

Bonjour, fuochisullacollina.blogspot.com!
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24/11/09 10:36 PM  

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