Thursday, December 28, 2006

2006


Gennaio
Passata l’epifania, tutte le feste se l’è portate via, e con loro l’idea stessa che mi ero fatto di me, un certo sorriso da stronzo, la tangenziale est e corso francia. Il tutto senza più una musica che valesse la pena di seguire. Ho freddo come quando stavo solo, a muso duro.
Febbraio
A febbraio sicuramente i minuti si sono rincorsi senza connivenza, le ore sono state composte da molto più di sessanta minuti, minuti che poi sanno aspettare più di me altro che sessanta secondi e le notti certe volte s’alzavano presto e mi mettevano in mezzo ad una stanza a farmi l’interrogatorio.
Marzo
La primavera tarda ad arrivare e quando arriva, lo sai che c’è, quand’arriva dice basta, salutam’a màmmeta e portati Freud a fare pipì&cacca la mattina e la sera, io esco, bye bye.

Chiedo scusa, ma a me,in linea di massima, Roma Nord è sempre stata sul cazzo.
M’accompagnano a fare quattro passi sul lago, e non ci si pensa più.
Aprile
Dico un bellissimo Tu No!

Maggio
Il mese delle cerase. Staccane una, staccane n’artra, la metro anagnina rosseggia ancora sui sette colli, ivan basso vince la tappa abruzzese del giro d’italia e di conseguenza frequento più Abruzzo che posso. Francesco De Gregòri scrive “Sempre e per sempre”, che prima la fischiettava soltanto.
I nazisti occupano Rocca Calascio, ma questa è un’altra storia.
Giugno
A Sabaudia in mezzo al mare tocco coi piedi ma non con la testa, e uscimmo infine a riveder le stelle. Stacco felicemente il mio calendario, ho un anno di più, e meno male. In volo libero, sugli anni andati ormai.
Luglio
L’estate romana ritorna sovrana. Faccio olè e mi ci tuffo. Vado in tournee con tutti i cantautori, faccio la cura, il bacio sulla bocca e la cardiologia e scatto un sacco di foto. Senza nemmeno bisogno di dire cheeeseeeeeee che tanto si vede benissimo. E godo per i calci di rigore sulla traversa.
Agosto
Splash.
Mi rendo conto che in Sardegna c’è un angolo di paradiso fatto di promontori e seminterrati. Faccio dei bagni bellissimi.
Settembre
Baracca e burattini e ciao porta metronia, io me ne vado via, io me ne vado via …Dove perdìo, la giornata è di ventiquattrore. E mentre il sole fuori cala, le mie giornate si allungano.
Ottobre
Arancione amaranto e ferro battuto, mi ritrovo ad aspettare l’uscita dal lavoro come la campanella a fine lezione. Faccio innumerevoli ooohhh di meraviglia e innumerevoli aaahhh di soddisfazione.
Novembre
L’inverno è alle porte, cioè nun se schiatta de freddo ma se sta de più dentro casa. Riscopro che esiste la televisione e non ne ho più paura come prima, soprattutto quando torno dal profondo profondo sud e trovo una cena che mi aspetta e poi la luce del sabato mattina si diffonde scangiandosi e io non devo più portare al riciclo tutti quei vuoti a perdere.
Dicembre
Di questo mese non mi sono mai fidato. E’ atavico. Non per il natale o forse anche. Ma quest’anno fa meno freddo, anzi conosco un posto bellissimo dove andare … “quando verrà natale” mi cantavo tra me e me ad aprile. E’ arrivato e si porta via tutta la vecchia epifania, quella da cui ero partito.

Primavera che sbocci fra i fiori e i colori ed annulli nei raggi di un sole insicuro l’umidore muschioso attaccato a quel muro e le bocche gelate dei portoni di ferro. E cantando nel vento, più tiepida rendi la pioggia d’aprile che accende di verde le persiane e i cortili rende simili a laghi a specchi di latta fra barattoli e stracci. E l’amore tu porti innocente e distratto come un magico frutto. Ballata, ballata per quattro stagioni ormai morte da tempo. E avanti all’estate che ti prende alle spalle e non dà tempo per dire "Accidenti che caldo!" che già ti rigiri nel tuo letto bollente fra le lenzuola bagnate dai tuoi mille pensieri. E ben venga l’estate, col sole che picchia a martello negli occhi e fa un cielo più basso di un deserto di pietre dove ronzano mosche in tondo senza alcuna ragione. E nascosti nell’erba mi hai dato l’amore e il tuo primo dolore. Ballata, ballata per quattro stagioni ormai morte da tempo. E avanti all’autunno, così tenero e sfatto come un volto di donna che ha dato ormai tutto senza chiedere nulla, soltanto il bisogno di esistere ancora nei sogni di un uomo Ormai il nostro amore è come un bimbo malato che non ha più respiro, non può esser guarito singhiozza nel vento di un grigio novembre che affonda pian piano in paludi di nebbia. E un ricordo soltanto anche se breve i tuoi seni bianchi come la neve. Ballata, ballata per quattro stagioni ormai morte da tempo. E avanti all’inverno con le mandorle e i frutti mangiati nell’ombra di una stanza proibita fra l’odore dolciastro dei fichi seccati e le paste di crema ormai tutte assaggiate. Mentre di là nella sala si gioca alle carte coi volti infuocati ed i nasi paonazzi e le bocche allargate a masticare canditi e gli occhi annacquati dal vino bevuto. Ed io ucciso di noia sto’ a contare le ore pensa un po’ che Natale. Ballata, ballata per quattro stagioni ormai morte da tempo

Wednesday, December 20, 2006

il Terrone Dentro


Di romani che sono nati a Roma e ivi risiedono cumulando discendenza settegenerazionale non ce ne sono tanti. Ma senza ascendere così indietro, che sette generazioni saranno i tempi della Rivoluzione Francese, e all’epoca a Roma c’erano solo Sordi Marchese del Grillo, Montesano Conte Tacchia, Manfredi Pasquino e Andreotti Andreotti, pure di tre generazioni si fa fatica a patentarsi SPQR.
Molti custodiamo un Terrone dentro.
Dagli Appennini a Casalbruciato il Terrone si è allargato, dignitosamente o meno s’è integrato, è andato a riempire gli spazi di dove una volta era tutta campagna e ha imparato a dì ammazzate òh.

Ed il Terrone che mi porto dentro (che poi si prende tutto anche il caffè), quando passa e spassa per le realtà di provenienza, si trova a dire: ma tu come ci vivresti qui, se avessi lavoro?

E vedi le statali riempite di negozi troppo vistosi per essere seri, insegne che rivendicano “complementi d’arredo” e “pizzaioli emigrati”, venditori di broccoli neri, carciofi arrostiti e cicoria capata su bancarelle secolari, fabbriche Siemens chiuse con resti di rivendicazioni disperate appese ai muri, carceri coi pezzi di vetro in cima per dissuadere gli evasori, moderni palazzetti coi centri commerciali castellettiformi accanto a case crepate, campi nomadi che in confronto quello sulla Laurentina è un bed&breakfast per turisti, e uno sciamare di gente che si chiama e si parla, e gioca a tresette ind’o bar.

E poi parlo con mia cugina che se sposa, e naturalmente ha dieci anni meno de me, e mi parla di quanto patrimonio familiare dedicherà all’evento, cioè lei non mi parla di soldi, mai, ma del viaggio di nozze polinesico, del vestito che sognava da anni di quel tale stilista, dei fiori, del ristorante dove si mangia bene …
e allora pure a me mi si sveglia il terrone e mi viene da pensare, che sì cazzo… anch’io se sarà vorrò il matrimonio alla Underground, vaffanculo a veltroni e al suo funzionario burocrate, voglio la scenografia della chiesa coll’organo i parenti che piangono e le buste coi soldi, duecento invitati ubriachi, un gruppo beat ed uno folk, dodici antipasti come Vecchioni, nessuna guarnizione di insalatine ma serie pietanze fritte nello strutto …
…il cantante neomelodico però no… forse per quello non sono abbastanza terrone…


:)

Vivere non è difficile potendo poi rinascere
cambierei molte cose un po' di leggerezza e di stupidità.
Fingere tu riesci a fingere
quando ti trovi accanto a me mi dai sempre ragione
e avrei voglia di dirti ch' è meglio se sto solo...
Ma l' animale che mi porto dentro non mi fa vivere felice mai
si prende tutto anche il caffè
mi rende schiavo delle mie passioni
e non si arrende mai e non sa attendere
e l' animale che mi porto dentro vuole te.
Dentro me segni di fuoco
è l'acqua che li spegne
se vuoi farli bruciare
tu lasciali nell' aria oppure sulla terra

Tuesday, December 19, 2006

semplici e sorridenti


Jannacci ha visto un re. Era esattamente quel re che ci aspettiamo tutti, il K delle carte francesi, con la corona, la barba pettinata e la tunica di pelliccia. Accanto i cardinali tipicamente in porpora, gli smeraldi catastali al dito e la distanza del sacro intorno ai sè.
Seguono Don Rodrighi e Capuleti, Montecchi e Innominati, avvocati, commercialisti, caltagironi, confesercenti, confindustriali, vari stimati professionisti iscritti all’albo delle titolerìe ufficiali e qualche portaborse impomatato.
A tutti loro era stato levato qualcosa, gabellandoli oltremisura. Si sentivano defraudati e un po’più poveri, e circondati indubbiamente da mascalzoni.


Jannacci ha visto anche Vincenzina, e la fabbrica, come se non ci fosse che la fabbrica.
Ha visto un poveraccio un po’ fuori di testa chiedere una sigaretta e sentirsi dire che è l’ultima, ma ciononostante“ciapparsela i stess”, perché…hai presente un canotto mordicchiato da un dobermann? Chiaro che scoppia…
Jannacci ha visto anche un ragazzo padre, fategli sta cazzo di carità, manica di pulciari, che qui di figli non ne fa più nessuno.
Ha visto un tale presentarsi all’anagrafe e rimanere attonito di fronte alla constatazione del proprio indirizzo natio… che uno cerca un documento e gli torna in mente tutta l’infanzia, inclusi i prati le case e gli amici… e la gente dietro che si spazientisce e allora va a finire che se uno lavora otto ore ma non ha la biro è un pirla…
Potentati e Cristi in croce.
Quelli che… assomigliano a Jannacci parlano una lingua che a volte sembra biascicata, a volte ellittica, a volte fai sì con la testa ma in realtà non hai capito, a volte facciamo finta, a volte invece capisci con un gesto, a volte non c’è nemmeno bisogno di parole, a volte grazie, a volte prego, a volte è importante che c’eravamo proprio tutti, a volte capisci che l’arte suprema del mondo è di mostrarsi semplici e sorridenti… che non c’è re imperatore, cardinale, fanfarone, capo dell’atac, padrone di fabbrica, cravatte parlanti, professionisti del metti una firma qui, politici imbrallintinati che minimizzano i loro reati ...
… povero re e povero anche il cavallo…
…checciai na sigaretta?


Dai dai, conta su...ah be, sì be....

- Ho visto un re.
- Sa l'ha vist cus'e`?
- Ha visto un re!
- Ah, beh; si`, beh.
- Un re che piangeva seduto sulla sella piangeva tante lacrime,
ma tante che bagnava anche il cavallo!
- Povero re! - E povero anche il cavallo!
- Ah, beh; si`, beh.
- è l'imperatore che gli ha portato via un bel castello...
- Ohi che baloss! - ...di trentadue che lui ne ha.
- Povero re! -
E povero anche il cavallo!
- Ah, beh; sì, beh.
- Ho visto un vesc...
- Sa l'ha vist cus'e`?
- Ha visto un vescovo!
- Ah, beh; si`, beh.
- Anche lui, lui, piangeva, faceva un gran baccano, mordeva anche una mano.
- La mano di chi?
- La mano del sacrestano!
- Povero vescovo!
- E povero anche il sacrista!
- Ah, beh; si`, beh.
- e` il cardinale che gli ha portato via un'abbazia...
- Oh poer crist!
- ...di trentadue che lui ce ne ha.
- Povero vescovo!
- E povero anche il sacrista!
- Ah, beh; si`, beh.
- Ho visto un ric...
- Sa l'ha vist cus'e`?
- Ha visto un ricco! Un sciur!
- S'...Ah, beh; si`, beh.
- Il tapino lacrimava su un calice di vino ed ogni go, ed ogni goccia andava...
- Deren't al vin?
- Si`, che tutto l'annacquava!
- Pover tapin!
- E povero anche il vin!
- Ah, beh; si`, beh.
- Il vescovo, il re, l'imperatore l'han mezzo rovinato gli han portato via tre case e un caseggiato di trentadue che lui ce ne ha.
- Pover tapin!
- E povero anche il vin!
- Ah, beh; si`, beh.
- Ho vist un villan.
- Sa l'ha vist cus'e`?
- Un contadino!
- Ah, beh; si`, beh.
- Il vescovo, il re, il ricco, l'imperatore, persino il cardinale, l'han mezzo rovinato gli han portato via: la casa il cascinale la mucca il violino la scatola di kaki la radio a transistor i dischi di Little Tony la moglie!
- E po`, cus'e`?
- Un figlio militare gli hanno ammazzato anche il maiale...
- Pover purscel!
- Nel senso del maiale...
- Ah, beh; si`, beh.
- Ma lui no, lui non piangeva, anzi: ridacchiava! Ah! Ah! Ah!
- Ma sa l'e`, matt?
- No!
- Il fatto e` che noi villan... Noi villan...
E sempre allegri bisogna stare che il nostro piangere fa male al re fa male al ricco e al cardinale diventan tristi se noi piangiam, e sempre allegri bisogna stare che il nostro piangere fa male al re fa male al ricco e al cardinale diventan tristi se noi piangiam!