Friday, December 28, 2007

pero' ricordo chi voleva un mondo meglio di cosi'



Quante cazzate.
Che si dicono, che si pensano che si fanno.
Che si progettano, si studiano, si sudano.
Quante cazzate
Che si ripetono e che ritornano,
che escono dalla porta
e rientrano dalla finestra.
Quante cazzate,
che si citano, che si prendono in prestito, che si sostituiscono
alle parole dette, a quelle da dire,
a quelle che si nascondono.
Quante cazzate,
girano intorno al nostro asse terrestre,
la notte dormono con noi,
la mattina ti aspettano alla porta
vernici tossiche di balocchi screpolati.
Quante cazzate,
consumate come fossero esaltanti primati
fotografate facendo finta di nulla
condivise e propagandate agli uditori
applaudite e rafforzate
come acqua nel brodo.
Quante cazzate
e quanta poca vita
quasi ci facesse schifo.

Si stava meglio
quando si stava meglio.


e' nei ritagli ormai del tempo
che penso a quando tu eri qui
era difficile ricordo bene
ma era fantastico provarci insieme
ed ora che non mi consolo
guardando una fotografia
mi rendo conto che il tempo vola
e che la vita poi e' una sola
e mi ricordo chi voleva
al potere la fantasia
erano giorni di grandi sogni sai
erano vere anche le utopie
ma non ricordo se chi c'era
aveva queste facce qui
non mi dire che e' proprio cosi'
non mi dire che son quelli li'
ed ora che del mio domani
non ho piu' la nostalgia
ci vuole sempre qualche cosa da bere
ci vuole sempre vicino un bicchiere
ed ora che oramai non tremo
nemmeno per amore si
ci vuole quello che io non ho
ci vuole pelo sullo stomaco
pero' ricordo chi voleva
un mondo meglio di cosi'
si proprio tu che ti fai delle storie
ma dai
cosa vuoi tu piu' di cosi'
e cosa conta chi perdeva
le regole sono cosi'
e' la vita ed e' ora che cresci
devi prenderla cosi'
si stupendo!
mi viene il vomito
e' piu' forte di me
non lo so se sto qui
o se ritorno se ritorno
se ritorno tra poco tra poco
pero' ricordo chi voleva un mondo meglio di cosi'
ancora tu che ci fai delle storie
ma dai cosa vuoi tu piu' di cosi'
e cosa conta chi perdeva le regole sono cosi'
e' la vita ed e' ora che cresci
devi prenderla cosi'
si stupendo!
mi viene il vomito e' piu' forte di me
non lo so se sto qui
o se ritorno
se ritorno

Monday, December 24, 2007

Natale e Tanti Auguri


All' improvviso, in una sera come questa ma posta all'origine dell' archetipo presepizio, col fiato di bue e la pelle termoesercente di un asino a far da calduttori, rint'a na caverna e'Nazzarèt, dicono&testimoniano libri scritti dai Sacrati Testimoni Redentori, che successe un fatto importante per tutte le future anagrafi, tra i monti di cartapesta e il cielo blu di stelle dorate, mentre il pastorello portava le pecore raminghe di notte, a mezzanotte spaccando l'ora legale,una cometa come un riflettore e passi da tip tap: ed è subito Jesus.
Come un brindisi, come un panettone, come un capitone e come la tradizione, intorno ad un tavolo e sembra ieri, che c'eravamo proprio tutti.
Io, meno vino del solito come segno dei tempi e senza sbornie in punta di pelle, ricordo una vigilia che dopo cena si fumava , un'altra di svenimenti nel corridioio, una passeggiata per piazza navona... ricordo quando si telefonava per gli auguri, quando non c'era il web, quando prima si giocava a carte fino all'ultimo momento utile prima di consacrare la gioventù alla festa e quando faceva freddo per le vie del quartiere che giorni così, sono i più freddi dell'anno.
E domani, che cosa e con chi...
Natale come un segnalibro, tiene il segno dei regali andati, delle astronavi e dei libri già letti, di amari aperti e consumati, di maglioni da cambiare, di broccoli e baccalà, di sono troppo pieno e domani è un altro giorno.
Natale di origine rurale, Natale chi sta bene, chi sta male.
Natale scavato nei pandori e istoriato in rilievo sul torrone bianco.
Natale che allunga le mani.
Natale dei confesercenti e del paniere dei beni.
Natale spumante boom.
Natale coi fichi secchi.
Non ho mai pensato di non crederci.
E nemmeno di crederci.
Tanti Auguri,
a Tutti,
sia come sia.


Tra le case e i palazzi di una strada d'inferno si vede una stella tanto bella e violenta che si dovrebbe vergognare. Televisori e cucine, cosi` uguali, con i denti di bocca di uno venuto dal centro in cerca di un dramma da annusare. Il cucciolo Alfredo, avvilito e appuntito, con i denti da lupo tradito, ci pensa un attimo e poi sale, si tratta di un giovane autobus dall'aspetto sociale e il biglietto gratuito regalo di un'amministrazione niente male Nemmeno Natale e` una sera normale con gli occhi per terra la gente prepara la guerra. C'e` guerra nei viali del centro, dove anche il vento e` diverso, son diversi gli odori per uno che viene da fuori un grande striscione con uno scudo e una croce e una stella cometa, la reclame di una dieta, pistola alla mano la citta` si prepara a sommare il danaro, a una giornata piu` amara. Alla quarta fermata, senza nessuna ragione, scendendo deciso il cucciolo Alfredo s'inventa un sorriso, sorride a uno scherzo di donna, a un amico che alle sette di sera, dopo piu` di tre anni e` appena uscito di galera. Il complesso cileno affisso sul muro promette spettacolo, un colpo sicuro. La musica andina, che noia mortale, sono piu` di tre anni che si ripete sempre uguale, mentre il l cucciolo Alfredo canta in modo diverso la canzone senza note di uno che si e` perso: canzone diversa ma canzone d'amore, cantata tra i denti, da cuore a cuore. Se la sua e` cattiveria io la prendo per mano, ce ne andremo lontano

Thursday, December 20, 2007

Il Natale è il 24


C’era una volta tutti questi pacchetti da piantare sotto l’albero e questo senso delle decorazioni diffuso, c’era una volta un Signore in Rosso detto Babbo, padre fondatore dei regali all’Infanti Innocenti per i cui Sorrisi di Scambio si fondeva nelle fabbriche la plastica edulcorata a immagine&somiglianza del Grande Catalogo di Fantasie Divertenti, posticce come la barba del suddetto Babbo.
C’era una volta un finestrino appannato, che un posto dove scambiarsi gli auguri era pure difficile trovarlo, c’era una volta un sacco di biglietti che me so dimenticato che c’era scritto e tutte quelle storie cicliche che Natale è bello anzi no è brutto, siamo tutti più buoni, siamo i soliti stronzi …
C’era una volta una stagione che pure se ti scansavi comunque Natale ti s’infilava un po’ dappertutto, invadente&intermittente, non se ne andava finchè non gli compravi almeno i fazzoletti, così poi almeno ti sentivi tradizionalmente più buono e le luminarie da parte a parte del marciapiede potevano testimoniarlo.
C’era quel che c’era…ma ora non mi ricordo più nemmeno dove l’avevo messo.
Dovrei fare una cura di fosforo.
Ho perso l’Uso del Natale.

era tutto un potere d'acquisto
con un pò d'anima in allegato
in onda sui maggiori network.
Neanche la gente si domandano più
Addò sta Casa Cupiello?
Nemmeno ti viene più il dubbio.
C'è sta scritta "Made in China" sul Presepe
che si vede troppo.
Vedo solo panettoni invenduti, pronti per i trepperdue,
ho una folle tentazione

di saltarci contro e abbatterli.
Uncle Scrooge senza Moneta,
una Vigilia

appesa a seccare come il baccalà
e tutto passa.
La Vita va così,
cantava Piero Ciampi.


IL NATALE È IL 24
(Piero Ciampi)



È Natale il 24.
Non riesco più a contare,
la vita va così.
Ho una folle tentazione
di fermarmi a una stazione,
senza amici e senza amore.
Mio fratello è all'ospedale,
sono giorni che sta male,
la madre non l'ha più.
Anche Pino è separato,
Elio al gioco si è sparato,
mi stupisco sempre più.
Io vado,
quando sono abbandonato
vado in cerca di una donna,
senza danni.
Sento,
quelle volte che non pago,
che rimane pure amore
per un'ora.
Ma il mattino mi consegna
Francescangelo drogato,
non mi conosce più.
Per vederci un poco chiaro
bevo un litro molto amaro,
sono dentro a un'osteria.
Il Natale è il 24,
Gianna ha un cuore molto strano,
la vita va così.
Ho una folle tentazione
di rifermarmi a una stazione,
senza amici e senza amore.
Il Natale è il 24

Friday, December 14, 2007

Dalla Stazione di Santa Palomba


Arrivo alla Stazione di Santa Palomba che sò le 14.00.
Mancano venti minuti al Treno per Roma.
Alla Stazione di Santa Palomba c’è il cartello Pomezia, ma sugli orari c’è scritto Santa Palomba.
E’ la stessa cosa. O’devi sapè. Da Noi è tutto così. Lo devi sapè, ce devi esse già stato, te l’ha detto qualcuno che “ò sapeva”.
E un po’ come quando arrivi a Termini e devi prendere la Linea A della Metro.
Lo devi sapè qual è il passaggio per arrivarci. Le indicazioni so un po’ ovunque, pè-nò-sbagliasse, sparse, sparpagliate e infin disperse. Alcuni per andare a prendere la metro A, finisce che passano dalla fermata Repubblica, a un chilometro. Altri prendono la metro B …è normale che per prendere la A passi sulla banchina della B… lo devi sapè!
La ggente non sanno vivere.
Ma torniamo a Santa Palomba.
Sembra gnentedechè, ma se la confronti con la Stazione di Cancelliera, nota solo ai residenti entro 5 km a dir tanto, Santa Palomba è la Gare De Lion! In confronto poi a quella di Pavona, altra stazione di zona, lasciata là sul binario unico, buttata per terra come fosse una siringa, andòve forse ce passa il treno…bè Santa Palomba in confronto è New York ! – ma ce l’avranno la Stazione Ferroviaria a NewYork? Non mi ricordo di baci in partenza al binario 12 tra un Gregorypèck e una Ingrid Bergman.
Detto questo, so passati venti minuti, arriva il treno, salgo lo scalone de mezzometro e prendo il posto che si vede fuori.
Il viaggio è breve, venti minuti.
Faccio affacciare i pensieri dal finestrino e li metto a visionare i chilometri che passano.
Quando parti ti si crea un microcosmo che sta tra partenza e l’arrivo, e in mezzo ci sei tu, fratello attento, come Zona Temporaneamente Autonoma, sospensione in vista di, classico Luogo della Mente. Lasci che sia. Tutto così.
Passa la ruggine dei binari, passano le case coi vetri doppi, passano le fratte che prendono fuoco d’estate, passa una casaletto isolato ingòpp’a’n montarozzo e chissà chicci abita che c’erano pure due metri de prato fòri, passano i campi da calcio, ne vedo almeno quattro e intravedo una polisportiva così sgangherata che sembra Messico – lì Nino ce lo vedo bene a tirar rigori -, passano acquedotti orgogliosamente in fila nei secoli, un paio d’archi si staccano per gli affari loro a far storia a parte, passano intraviste appena le grotte dirupate&nascondite sotto i crostoni, che secondo me là c’è Bin Laden ed Emanuela Orlandi, passano furtivamente gli orti clandestini d’insalata colle zappe piantate tra i righi pettinati de sementi interrati a cresce, si vede lo sbocco di un viale alberato dove però non c’è parcheggio, seguono alcune case graziosamente concepite per i risparmiatori che nel 1980 circa acquirevano appartamenti fini&rifiniti con mattoncini&balcone, passa una radura che io ci girerei un bellissimo West, cavalli al galoppo e sparatorie dietro i sassoni come fossero soldatini, colle riprese dall’alto che si vede bene che tutto è finto e circoscritto ma è bello lo stesso che è più finto chi fa finta senza pensarci poi tanto, passa un branco di pecore che poi ci fanno le foto e le stampano sull’etichette verdi del pecorino vergaro, ah la campagna romana e i prodotti di una volta che ancora resistono e l’alimentari sottocasa te lo vende come un complice locale, passano i soliti panni stesi sui palazzoni, passa la Stazione di Torricola che forse un giorno, nel 2106, sarà integrata con Territorio&Ambiente come fosse una fermata della RER di Parigi, passano i pali, i fili i binari le tangenziali le corti di palazzi giallini rosacci e griglianti, passano i treni vicini e con l’odor dei freni bruciati si scende, benvenuti a Termini Station.
E se dovete prendere la Metro A, tanto il passaggio lo sapete, no? Occhio a non finì a Laurentina.
Antonello venditti – Theorius Campus
IN MEZZO ALLA CITTA’

Strade di case grigie di neve sporca, te ne vai
(...tu...)
sono le otto la Standa è già chiusa
e il mio letto ti dice ciao
Io sono sempre più solo ed intorno la mia città
cravatte di seta di povera gente che vive dentro un metrò.
E al mattino penserai fra il caffè e la tua realtà
come è strano insieme a lui proprio in mezzo alla città.
(...tu...) u
na vestaglia, vini di Creta, dischi
(...quel che mi hai dato...)
di Leonard Cohen
(...io...)
le mie canzoni, le mie scenate comiche
(...quel che ti ho dato...)
di Charlott
Cosa farai questa notte,
una luce si spegnerà ed il freddo,
le luci, la rabbia, la nebbia
e l'amore che se ne va.
Ma al mattino penserai
fra il caffè e la tua realtà
come è strano insieme a lui
proprio in mezzo alla città