Monday, January 28, 2008

Faccio un Giambo a Barcelona



Ho fatto questo sogno in cui io ero là, a Barcellona, copìncollato tra il pranzo del sabato e quello della domenica, avvicinato per cena da un biglietto aereo a venti euro A/R, che mi dice che Barcellona è nel Lazio, perchè andar fuori costerebbe di più.
Mi son dato un pizzicotto e mi son svegliato, ero proprio là, al Centro di Piazza Catalunya, ed ogni volta è come non essersene mai andati. S’aprono le direzioni e le imbocchiamo tutte, ero passato a trovarvi, solo il tempo di un saluto. Oh, state sempre bene qua, eh!
Andiamo a salutare il Paseo De Gracia dove svetrinano affashionanti le bùtiques, a gambe larghe per i saldi: si ficcano dentro passanti&forestieri, italiani, ryanairisti abituali, venuti apposta da città e provincia – “Pasquà, dici a Imma che la smettesse di piangere, che quando usciamo ci compro il gelato quello grosso. Come mi sta il giacchino? Questo in italia sta centonovanta euro, Pasquà. Imma mò te dong nu paccher che si gira tutto i’ggrande magazzino.” / “Terè, ma quanno s’annamo a magnà a’ paeglia? Te sei provata pure er vestito de’la commessa!“.

Una celebrazione di tapas&rioja e scendiamo a sniffare Mamma Rambla, come fossimo di casa, fate pure giovini, la seconda a destra c’è Plaza Reyàl, v’aspettano al ristorante.

Archiloco, poeta ellenico, è rimasto nelle antologie liceali, oltre che perché non s’è trovato un cazzo d’altro, per qualche frammento di giambo, ritrovato iscritto forse sui muri forse su qualche anfora, dove brindava a vita&vino e più in generale, al vitalismo della vita vissuta. Io non so pratico di giambi, ma a quel bacalao e a quel vino tinto, sabato ci ho voluto bene lo stesso.
Hasta el bacalao. Siempre. Io come Archiloco. Beccateve sto frammento. Es un frammiento d’amor.

Questa Notte non si va a dormir presto. Affanculo le pantofole. Si fluisce por las calles come globuli nel sangue, come colombe dal disìo portate, andiamo in processione profana a casa Ballò, che col carnevale quei balconcini a maschera fanno pure pandàn. Ci si mette col naso in su a guardare. E ci leviamo pure la curiosità di vedere se di notte i camini marziani della Pedrera parlano coi consimili alieni, se telefonano casa come ET.
E poi alla Sagrada Famiglia, come fossimo ispettori dei lavori in corso. Mettiamo a verbale la persistenza dell’opera, Miracolo frattale in the Night.

Poi si riparte, qualche minuto di sonno e si è già a pranzo la domenica.
Ma parte di me, nel lucido delirio di chi ha sonno, continua a sognare,
stavolta niente pizzicotto, non mi svegliate, lo so già che sto dormendo...

… e stiamo ancora là, a Plaza Catalunya mentre sorge il sole, la piazza albeggia e si riscalda, un bambino gioca a rincorrere un fottuto palloncino, volano le colombe della pace e mentre passo, dietro s’accendono torri pirotecniche d’artificio e sfilzano felici le fontane. Dall’alto il regista del sogno stringe il campo d’immagine e il diggei di lassù manda Forever Young degli Alphaville.

Let's dance in style, lets dance for a while
Heaven can wait we're only watching the skies
Hoping for the best but expecting the worst
Are you going to drop the bomb or not?

Let us die young or let us live forever
We don't have the power but we never say never
Sitting in a sandpit, life is a short trip
The music's for the sad men

Can you imagine when this race is won
Turn our golden faces into the sun
Praising our leaders we're getting in tune
The music's played by the mad men

Forever young, I want to be forever young
do you really want to live forever, forever and ever
Forever young, I want to be forever young
do you really want to live forever? Forever young

Some are like water, some are like the heat
Some are a melody and some are the beat
Sooner or later they all will be gone
why don't they stay young

It's so hard to get old without a cause
I don't want to perish like a fleeing horse
Youth's like diamonds in the sun
and diamonds are forever

So many adventures couldn't happen today
So many songs we forgot to play
So many dreams swinging out of the blue
We let them come true

Forever young, I want to be forever young
do you really want to live forever, forever and ever
Forever young, I want to be forever young
do you really want to live forever, forever and ever

Forever young, I want to be forever young
do you really want to live forever?


In allegat’onirico a quanto detto nel bloggo soprastante,
ho scritto la seguente hazzata:

Tangenze Internazionali nel mondo dello Shopping


The Man from Afragòla era arrivato a lì quella mattina, che aveva voluto accompagnare alla sorella Cettina dallo spasimanto Fernandèz o’Columbiano, che ci doveva fare un paio di raccomandazioni su come la doveva trattare, che non voleva che il nipote nascesse già orfano della figura paterna.

Sbrigata la questione & rimanendo il pomeriggio libero, The Man from Afragòla entrò dentro il Centro Commerciale che in mezzo a tutta quella clientela internazionala si poteva fare pure qualche buon affare di portafoglio. E infatti già stèva per concludere con un allegrone del luogo che aveva messo in offerta speciale, nella tasca esterna del cappotto, il proprio portafogli al netto di trattative ulteriori.

Si era già avvicinato per definire la trattativa… quando inopinatamente e spostando irrimediabilmente la direzione rapace del gesto ultimo, intruppò a un Distinto Signore From London City, che ivi si trovava in supervisione tutoriale della nipotina che voleva comprarsi un vestitino latino per la Saturday Night Fiesta, just like the one she have seen a Penelope Cruz su Vanity Fair.

I due mondi furono tangenti in un punto, mentre The Man From Afragòla vide l’allegrone farsi perpendicolo ed allontanarsi, come una cometa all’orizzonte, sulla grande ipotenusa delle occasioni mancate.

“Excuse me, Sir!”, chiarificò dispiaciuto l’uno.
“ censored !!”, goleggiò rauco l’altro.

L’Old Gentleman, un very Teadellecinquered Man, barbacandido&istituzionale, palesò il suo sospetto stupore di fronte a quel sussurrato linguismo sgorgo-gutturale: “I have studied italian language in Naintìn-Sicsctifàiv diùring my holidays in Toscana Castellina Chianti, what’s a’bbùcchina e’màmmeta?, I dont’ understand”, e poi di fronte ai ripetuti tentativi di dialogo: “I don’t like Fattinculo world…” “ What’s ricchione, uomo di orecchie grandi? Mie orecchie ascoltano bene anche se grandi” “I don’t know Sfaccìmma” ,“ Is bucchina-màmmeta a typical vocative expression of your native country?”

The Man from Afragòla decise che i tempi erano maturi per cambiare aria e dedicarsi ad attività più redditizie (“jammucènn, m’agg’scassat’o cazz”), avocò a sé il tristo comparo di scorribanderie, Carminiello O’ Rattuso from Cicciano City, e si congedarono dagli astanti, invocando una non meglio identificata benedizione della Madonna del Carmine.

L’Old Gentleman raggiunse la nipote e s’avviarono anch'essi alle casse.
“Do you like your Penelope Dress, dolly ?”, Le chiese colui che ora chiameremo Old Frank, mentre buttava una manciata di portafogli vuoti in un cestino.
All’aeroporto locale, Carminiello O’ Rattuso from Cicciano City dovette partire da solo, mentre The Man From Afragòla stava al Comando di Polizia a denunciare lo smarrimento del documento d’identità.

Friday, January 25, 2008

Cosa succederà alla Ragazza



E la barca non va.
Non abbiamo perso molto. Hanno dato un calcio al barattolo degli spicci.
Ma…
Cosa sarebbe successo agli abitanti se fossimo in un altro secolo?
Sarebbe sceso Attila e avrebbe sparecchiato la tavola facendo il sacco col tesoretto?
I Potentati con diritto di parola, i soliti Borgiaroli, avrebbero invocato un Valentino qualsiasi per noleggiarci un po’?
Si sarebbe siglato un trattato a Campoformio e l’Austria ci avrebbe annesso, previo assenso di Napoleone?
Saremmo stati divisi tra Spagnoli e Francesi con qualche Principato semiautonomo?
Mastella reggente dei Borboni? O un Viceré, di quelli “adelante adelante ma con juicio”?

Secoli fa, oggi ci avrebbero semplicemente annesso.
Siamo un Impero Romano in perenne fase Tardo Alessandrina.
Baudelaire arriva in ritardo di secoli , Noi la decadenza ce l’abbiamo sovrastrutturale nel costume politico, perché è la somma dei singoli sensi comuni privati che fa il totale sociale.

In fondo siamo sempre stati così, per la maggior parte del tempo storico, è solo un secolo o poco più che facciamo finta di calzare tutti lo stesso stivale.

Forse meritiamo solo Regnetti autoreggenti, e un fitti-fitticolo di clienti a compravenderci dentro.
Forse non sappiamo sviluppare altro.

Studiando la Storia sui libri, ho sempre pensato alla determinanza dei singoli sugli eventi come un espediente narrativo, semplificante realtà complesse.
Oggi la vedo e la penso scritta la storia: quando con quattro righe sintetizzeranno la caduta della Seconda Legislatura Prodi, sarà tutto incentrato principalmente su un uomo: Clemente Mastella. Mnemonicamente gli studenti troveranno vagamente classico quel nome di battesimo.

Adesso tornano i Rappresentanti della Direzione Vettoriale Globale.
Puttanieri e falsari di bilancio, razzolatori di carità pelose, sputatori nei piatti in cui mangiano gli altri, venditori di detersivi, vertici di piramidi, picchiatori in astinenza, passeggiatrici diurne, rallegratori di funerali, sfregiatori di fiancate storiche, rubagalline in doppiopettoblù, professionisti dell’essere folla, capipopolo discount, avanguardisti del quarto d’ora di gloria, dimostratrici di tette, succhiatori di brodo…

Aspettando la Costruzione dell’Altare della Patria 2.

Cosa succederà alla ragazza

(Battisti-Panella)

L'alba, la barba, la curva della gola,
rasoiate che sono orli di gonna.
La luce ha ancora sonno
ma si da'un tono da ostetrica che è urgente.
Apre gli occhi sul mondo partoriente
ed è a disposizione
l'alba, la barba, presa con le buone.
Offrire la gola al tocco leggero, l'alba
la lanolina candida
agli uccelli appostatissimi nell'aria,
come i chiodi senza quadri, alle pareti;
ed è ancora mattina.
I pesci pesci pesci i pori pori,
cosa succederà alla ragazza,
vede i pori
con le corna come i tori;
le corna curve sono due ferventi trafficanti
a bassa voce
sotto la croce,
sotto la croce,
nel loro dialetto antico,
nel loro dialetto pratico,
che la vogliono fare bollire,
che la vogliono suonare,
appesa al campanile.
Che la vogliono ricoprire di cioccolata,
che la vogliono servire in bocca,
ad una bocca sterminata di forno:
che cosa le tocca,
sentire che cosa.
Allora ricordarsi di fare delle pose
delle fotografie:
che possono sempre servire,
e non se ne parli più.
Gesù, Gesù
che non se ne parli più
Gesù, Gesù
ed è ancora mattina,
tutti sono pronti a bere qualcosa;
e poi si riprende fiato,
per fare le bolle acustiche.
Che la vogliono olio e limone;
che la vogliono aggiustare:
entriamo in un portone...
Che la vogliono un po' scoperta
per accertare;
che la vogliono nell'ascensore,
per implorarla da che piano a che piano,
acquetta, fuochino;
la gloria all'ottavo.
Che la vogliono ricoprire di cioccolata,
che la vogliono servire in bocca,
ad una bocca sterminata di forno:
che cosa le tocca,
sentire che cosa.

Wednesday, January 23, 2008

Carnival&BigBang


Una domenica stampata a freddo e lavata a pioggia dell’inverno di gennaio, lungo il corso di un Paese Appio Genzano, in un mezzo chilometro di traffico limitato, come un appuntamento che tutti sapevano senza nemmeno bisogno di dirselo, spunta filante e mascherino, insieme al sole postprandiale, un Carnevale fatto di bimbi a spasso, legittimi coriandoli e zuccheri filati esentati dalle rendicontazione alimentari, schiume incolumi e bancherelle che i film per adulti sono esposti dietro.
Il Comune ci tiene a dimostare che sì, it’s time to fiesta, where’s the party, I want to free my
soul. E’ un’occasione bipartigiana, interclassista&popolare come l’età dei bimbi, ci sono proprio tutti&nun se famo mancà gnente; stuba la musica dagli altoparlanti, appesi come banane su tutte le palme dei lampioni e via, in uscita libera come soldati d’assortiti natali, canzoni randomizzate come coppa di testa, mescolate dalla ruota del lotto come gli elementi del Big Bang, il Comune fa Big Bang, fa Big Bang con dentro tutto, nello stomaco del carnevale tutto si mischia come un gusto ultramarino di peperone e terra di siena bruciata e in un ‘ora ascolto come soffi di stelle filanti: A Serejè àh àh - èh èh, si trasforma in un razzo missile, un avanzo di mediocre satira musicale rubata al Bagarino, abballa la vida alegria macarena, funky tooown con la famigerata pareidolia “caramicomioculattoneaspettami, la mia banda suona il rock, un avanzo di nastro con un rave ombrellaro/bresaola di metà anni novanta con l’invocazione disperata di un D91 - a qualche trentenne di Paese, come un fulmine a ciel sereno, si sarà staccato un fossile di Joker stratificato nell’encefalo - , il treno dei desideri dei miei pensieri (all’incontrario va), le tagliatelle di nonna pina, liquido narcotic, con te partirò, once I was afraid (I was petrified), lasciatemi cantare con la chitarra in mano e please don’gò.
Canzoni proseguite l’una con l’altra con la logica degli accostamenti di macchine in un parcheggio.
La copa de la vida no, quella non c’era.
L’alimentari dell’ossi de prosciutto era chiuso, l’avrei comprato volentieri.
Era la mia maschera.
Torno a casa e penso: all’improvviso non mi sembra più strano che in mezzo alle bancarelle dolciumarie&artigianine ci sia sempre quello che vende calzini.. che, scusa, ma ti pare che se mi servono calzini me li cercavo la domenica durante il carnevale?
La prossima volta li compro, come un souvenir del Big Bang.

E all'improvviso
non ne vale più la pena
nemmeno di capire
.

Si diventa grandi
sulla propria pelle
sulle proprie palle e su poche stelle
si diventa grandi
e niente fa più male
nemmeno il primo male al cuore
e se provi a cercarele tue parolenon fanno nostalgia
come quello che è stato
o non è stato
che resta o che va via.
E ci trucchiamo per Carnivale
ci vestiamo da Carnivale
ci trucchiamo da Carnival.
Si diventa grandi
a guardarle il culo
si diventa vecchi a sentirsi solo
e col passare del tempo
non t'importa nemmeno
chi le bacia gli occhi, chi le tocca il seno
senza di lei soltanto
un anno prima
credevi di morire
e all'improvviso
non ne vale più la pena
nemmeno di capire.
E ci trucchiamo per Carnivale
ci vestiamo da Carnivale ci trucchiamo da Carnival.
Si diventa vecchi
come un vecchio indiano
e si finge forte e si canta piano
non c'è nessun ricordo
a cui ti puoi impiccare
perchè nessun ricordo ormai ti fa più male
tutte le idee, tutti gli amori tuoi di prima
finiti sulla luna
col tempo la sua faccia
e la sua pelle scura
te le ricordi appena.
E ci trucchiamo per Carnivale
ci vestiamo da Carnivale
ci trucchiamo da Carnival
finché val.

Tuesday, January 15, 2008

vai dove il sole non c'e' mai


Sanremo 1986. Nino lo scugnizzo col caschetto biondo è pronto a cantare. S’avvicina al microfono, sussurra un “…comm s’arap stu còs’?...” e parte… “Accussi' te ne vaje…”
Nino aveva appena venduto un milione di copie sulle bancarelle di tutto il Regno delle Due Sicilie e non solo.
Si dice che “Nu jeans e na maglietta” avesse incassato più di Flashdance.

Antonella la ripetente dalle grandi tette, la più sviluppata di tutta la scuola media, adorava a Ninodangelo.
Lo aveva scritto grosso e sbrilluccichino con l’uniposca sulla tolfa.
Forse la bocciavano un’altra volta
che faceva troppe assenze. Disegnava benissimo però, lei mi passava i disegni ad Educazione Artistica e io le facevo i compiti di Italiano. Alla fine l’hanno promossa.

Per tutto il Laurentino 38 era un risuonar di melodramma giovanile dagli stereo dei Renò5 e delle Talbò-Samba, coi finestrini della mente aperti sul Golfo di Napoli, in fondo ad un parcheggio, tra siringhe e preservativi, in un bazar dell’esuberanza sottoventennale di periferia. Renatino già aveva scavallato alle sorelle maggiori, sorcine sotto un sole che moriva già, ma di loro questa notte aveva avuto pietà.

Espansione edilizia e quartieri nuovi. Vecchi dialetti dove il tempo non ha età.
Legioni di seconde generazioni scendevano dagli ascensori delle torri di quindici piani – quattro interni per piano - , ricostruendosi un’identità fatta di spillette e fotografie sgranate, di ciocche bionde con l’acqua ossigenata e infiniti amori giurati al vento testimone sul far della sera, prima di una notizia al tiggì sul governo craxi.

Noi che scendevamo volentieri a stare per strada, capivamo quanto duravano i pomeriggi e cosa succedeva alla gente mentre il cielo terso diventava blu e poi faceva scuro scuro d’inverno e azzurro dolce di caldo d’estate. Giocavamo già da ragazzini a intravedere le linee della vita sulle mani. La vita vissuta andava sopra tutti e tutto.

Quanta gente che s’incontrava per strada. Conoscevi qualcuno per due mesi, sembrava fosse presente da sempre e per sempre. Per strada brulicavamo. Ci annusavamo desiderosi di toccare con mano le verità nascoste. Stavamo bene e ci facevamo male. Ci raggruppavamo a feste. Tre ore sembravano tre giorni. Gli autobus erano strade che andavano e tornavano e ci davano continui passaggi. Impossibile pensare che nothing last forever.

Nino poi è cresciuto. Nutrito di popolo e di strada, senza perdere il dialetto per via di qualche clausola contrattuale milanese, oggi fa i dischi che vorrebbe fare pino daniele che invece ha firmato nei centri direzionali. Lo sanno le sorelle minori che scaricano dal mulo le clandestine novità del vecchio idolo di una volta, oggi sostituito da neomelodici ricchissimi e surgelati, ben distribuiti in tutti i supermercati orientati alla customerizzazione del cliente.

Antonella tanti anni fa la incontrai sulla Metro B e mi disse che lavorava in un negozio d’antiquariato.
Diceva “eh tu vai all’università…ma tu eri il più bravo…”

E invece sto qui, da un golfo di Napoli sul web a guardare il futuro e a chiedermi “…comm s’arap stu còs’?...”


Accussi' te ne vaje
e nun t'emporta niente cchiu 'e me
senza 'e me te vaje
e gia' te sto' cercanne
mentr' te sto' perdenne
accussi' te ne vaje
e gia' e decise comme 'e parti'
dove andrai che farai
e guardanneme into all'uocchie
regalame n'abbraccio
vai dove il sole non c'e' mai
dove niente troverai
nella nebbia resterai
cercando quello che hai
poi col vento parlerai
quante storie inventerai
senza tempo correrai
addo' nisciune ce sta'
vai senza stelle te ne vaie
cu st'ammore te ne vaie
senza scarp' te ne vaie
pe' nun te fa senti'
accussi' te ne vaJe
mi sembra proprio come nei film
senza 'e me te ne vaje
tu ca me staie lassanne
e io che sto' murenno
accussi' te ne vaje
ma rint''o core riest' cu mme
e' n'addio chistu ciao
e puortate chesta lacrema
io pe' te a sto' chiagnenno
vai dove il sole non c'e' mai
dove niente troverai
nella nebbia resterai
cercando quello che hai
poi col vento parlerai
quante storie inventerai
senza tempo correrai
addo' nisciuno ce sta'
vai senza stelle te ne vaie
cu st'ammore te ne vaje
senza scarp' te ne vaje
pe nun te fa senti'

Tuesday, January 08, 2008

La vita scarsa di simmetrie dell’ordine senza disciplina


La Vita passa Ovunque.
Sicuramente Lei esce di casa,

non è che dove la metti, sta.
Se non la usi, fa la muffa, organica e disorganica.
Raffinata o gutturale, sola o contornata,
una vita che sembra sempre uguale e che si riempie da sé
e un’altra che a raccontarla non basterebbe un cofanetto di blues e una scatola di sigari.

Le biografie zippate degli impiegati,
legati a un tavolo con una busta, il braccio secco e l’occhio evasore,
sempre chiamati a testimoniare, come una foto chiesta a un passante.
Gli impiegati che ti dicono di fare “cheeeseee”.

Le vite vissute andando per strada.
Radente i muri o in mezzo al parco,
secondo i bisogni di luce
e con i Santi in prestito.
Le vite aperte come fogli bianchi,
come file di denti usati.

Le vite a scalare di chi ha fissato le tappe.
Aggiornamenti culturali e subentri di patrimonio,
etiche certificate e gratificazioni proporzionate.
La dignità come una cravatta,
è una questione di buon gusto.

La vita sproporzionata degli artisti del circo, la vita ristretta dei carcerati, la vita ventosa degli zingari, la vita saporita dei buongustai, la vita infame degli schiavi, la vita allegra dei giovani fortunati, la vita fredda dei russi, la vita calda dei tropici, la vita condominiale dei miei vicini di casa, la vita segreta delle monache, la vita nuova di zecca, la vita sbagliata& riaggiustata, la vita lanciata come un bisonte insaponato sulle ruote di un metrò…

La vita scarsa di simmetrie dell’ordine senza disciplina.
Tutto dentro.
E poi si rimette a posto.
Perché non saranno quattro regole presunte
a circostanziarci le partiture.


(conclusione) – Claudio Lolli
Siamo noi a far ricca la terra
noi che sopportiamo
la malattia del sonno e la malaria
noi mandiamo al raccolto cotone, riso e grano,
noi piantiamo il mais
su tutto l'altopiano.
Noi penetriamo foreste, coltiviamo savane,
le nostre braccia arrivano
ogni giorno più lontane.
Da noi vengono i tesori alla terra carpiti,
che poi tutti gli altri
restano favoriti.
E siamo noi a far bella la luna

con la nostra vita
coperta di stracci e di sassi di vetro.
Quella vita che gli altri ci respingono indietro
come un insulto,
come un ragno nella stanza.
Ma riprendiamola un mano,
riprendiamola intera,
riprendiamoci la vita,
la terra, la luna e l'abbondanza.
E' vero che non ci capiamo

che non parliamo mai
in due la stessa lingua,
e abbiamo paura del buio e anche della luce,
è vero
che abbiamo tanto da fare
e che non facciamo mai niente.
E' vero che spesso la strada ci sembra un inferno
o una voce in cui non riusciamo a stare insieme,
dove non riconosciamo mai i nostri fratelli.
E' vero che beviamo il sangue dei nostri padri,
che odiamo tutte le nostre donne
e tutti i nostri amici.
Ma ho visto anche degli zingari felici
corrersi dietro, far l'amore
e rotolarsi per terra.
Ho visto anche degli zingari felici
in Piazza Maggiore
ubriacarsi di luna, di vendetta e di guerra.
Ma ho visto anche degli zingari felici
corrersi dietro, far l'amore
e rotolarsi per terra.
Ho visto anche degli zingari felici
in Piazza Maggior
e ubriacarsi di luna, di vendetta e di guerra

Wednesday, January 02, 2008

L' Oroscopo Balsamico (e se semo stufati d'esse boni e generosi)



L’Oroscopo Balsamico.
Ovvero: Come Farsi Coraggio Mentre Fuori Piove.

Il ‘78 mi portò un grembiule, una penna e i mondiali d’argentina, l’88 forti flussi d’Adolescenza e le prime crepe sul Muro, il ’98 il primo addio inchiodato nel legno ed un rigore sulla traversa, vendicato qualche anno dopo.
Poi son finiti i vecchi “19..” e arrivarono i “20..”, come fossero una creatura che doveva imparare ancora a parlare. Come fosse una età da prendere per mano senza nemmeno sapere come si crescono né gli anni, né i figli.

2008 suona bene: abbastanza sospinto per capire cos’è successo finora dopo il milleniumbug, decentemente tondo per sperare negli angoli smussati, qualora dovessimo sbatterci la testa.
La Fiducia e l’Impegno, dice di metterci Mr. President Napolitano nel salmo di fine anno.
A me bastava confidare scriticamente nella rassicurante burrosità della cifra tonda, ma ne prendo atto.
Il 2007 abbondava un po’ troppo di sale, del resto.
Servono le virtù ottimiste, il faidatè dell’anima, l’uno su mille ce la fa e la resa dei conti,
serve la lente che affuoca miraggi, la follia di provarci & la saggezza di rischiare, serve navigare mentre il mare è ancora crespo, serve uscir fuori di notte pure se è buio…
e se c’è da prendere uno schiaffo, rispondere più forte con l’altra mano.
Serve la salute, che polmoniti non ne vogliamo più, ci ho messo un pacchetto di sigarette sopra.
Serve il futuro, che il passato ormai ha le gambe corte, gira su sé stesso e non arriva mai da nessuna parte. Il passato se n’è andato, come fosse un marco di periferia sul suo treno di metallo senza l’anima, come una brutta canzone che invadeva le radio.
Serve il lavoro che paghi, sicchè la curva di Gauss slitti e ascenda un pò più su, andando oltre questo maledetto asintoto coi fichi secchi che fa da muro.
Serve uscire a vedere se fa poi così freddo, se davvero è finita la gente che vale la pena conoscere.
Serve un mazzo di carte per tirar fuori gli assi.
Servono film che facciano pensare e facciano belli gli occhi, come le poesie.
Serve ridere. O riderci sopra.
Serve sapere che se ci dicevano che eravamo quelli che avevano tutto, adesso sappiamo di nuovo cosa chiedere, perché quel tutto ci è stato levato, ridistribuito ai ricchi per farci poveri. Serve Robin Hood.
Serve un viaggio, perché il mondo è grande più di noi, è meglio se lo imparerai.
Serve la Musica, perché senza siamo perduti: quest’anno Beatles, West Coast, Country Rock , Classica e giusto un po’ di cantautori quando finisce il week-end. Basta parole, quest’anno ascolto guardando solo le figure.
Serve costruire qualcosa fuori, che dentro abbiamo costruito abbastanza. Ci verandiamo sul mondo.

Oggi l’Oroscopo l’andiamo a prendere per le orecchie,
e ci diciamo:
“Uè uè, Futuro bellobello, mò vieni un poco qua, che buoni sì, ma…
‘E se semo stufati d'esse quelli boni e generosi…’ , perché Mr. Futuro vedi, a prescindere da Mr. President Napolitano, è importante, che in questo istante ci sia anch’io.”


C’eravamo tanto amati,


Scena 8

Antonio (Manfredi) : Chi è? Oh ciao Gianni.
Gianni (Gasmann): Ciao.
Antonio: Pensa che te volevo telefona'. Hai visto che tempo? 'Sta primavera ci dice proprio male, eh? Il 48% dei voti se so' beccati, li morta...! Vieni, mettemoci qui che stiamo più impartati.
Gianni: Sì.
Antonio: 306 seggi: e chi se lo poteva immaginare!
Gianni: Ti devo dire una cosa.
Antonio: E che me voi di'. Lo so, abbiamo sottovalutato un sacco di fattori che hanno concorso a mettercelo nel chiccherone. Siediti, Gia'. I soldi americani, la paura di Stalin, i preti, le monache...
Gianni: Io e Luciana ci vogliamo bene...
Antonio: ... le madonne piangenti, la paura dell'inferno.
Gianni: Hai capito? E' questo che ti volevo dire..
Antonio: Ci vogliamo bene, in che senso?
Gianni: Be', ci amiamo.Oh, cosa c'è? Antonio!
Antonio: Il core.
Gianni: Chiamo il medico di guardia?
Antonio: No, passa subito, è un'aritmia cardio-respiratoria.
Gianni: E ti sembra uno scherzo? Fai in fretta, mettiti giù!
Antonio: Ammazza! Damme la manichetta, damme la manichetta!
Gianni: Questa?
Antonio: Metti il manometro sul 3.E' troppo! L'hai messo a 10, me fai vola'. Ch'hai fatto? De meno, ecco va bene così, non tocca' più niente, che stai a fa'?
Gianni: Va meglio?
Antonio: Sì meglio, così.
Gianni: E' l'ultima cosa che avrei voluto fare, perché tu perdi lei, ma io perdo un amico.
Antonio: Tu perdi una cosa sola, io due.
Luciana (Stefania Sandrelli): Antonio!
Antonio: Luciana, come? Stavi qua pure te?
Gianni: Stai fermo, mettiti giù.
Luciana: Cosa gli hai fatto?
Gianni: Io niente.
Antonio: Sto bene, no no, sto bene, sto bene. Eh, quel giorno che t'ho conosciuta in corsia la prima volta subito pensai: quanto mi piacerebbe farla conoscere al mio grande amico Gianni, dsapere cosa ne pensa. Ecco: l'ho saputo!
Luciana: Ma perché ridete?
Gianni: E cosa fai adesso, ridi?
Antonio: Magari! Che voi ride'?Ma forse è più giusto così, Luciani'. Con Gianni Sarai più felice, ci ha una carriera.Io... io se ci avevo una figlia la davo a Gianni, mica a me.
Gianni: Ah sì? E avresti fatto male: tu sei migliore di me.
Antonio: E io invece la davo a te: tu sei meglio di me!
Gianni: Sì, sì...
Luciana: Ma cosa dite? Sembrate due scemi. Tu sei meglio, no sei meglio tu... La colpa è soltanto mia. Voi non c'entrate. Però vorrei che restaste amici. Non è possibile? Antonio, io ti voglio bene, voglio più bene a te che a Gianni.
Antonio: Succede.
Luciana: Ma, vedi, con lui... Lui è diverso. Te lo dovevo dire subito.
Antonio: Ecco, magari...
Luciana: E' colpa mia, mi dispiace. Non dite niente? Gianni, tu non dici niente? Non dici niente Antonio?
Antonio: Che devo di'? So' contento, basta che ve ne andate.
Gianni: Vieni, vieni Luciana.
Antonio: Senza rancore. Ciao Gianni, ciao Luciana.
Gianni: Ciao Antonio, ciao.
Luciana: Mi dispiace, mi dispiace.
Gianni: Ciao.
Antonio: Mi dispiace. Gli dispiace. Le dispiace. E io, eccome qua. Ma essi si dispiaceno. Dispiaceno? O dispiaciono? Dispiaciano? Eh Gianni lo sa. Gianni sa tutto. Egli è diverso...
Luciana: Oh, Antonio, fermo!
Gianni: Ma che è impazzito?
Luciana: Ma che ne so?
Antonio: Ecco!
Gianni: Ma che ti prende, oh!
Antonio: Vi basta?
Gianni: Sono mortificato per te!
Luciana: Ti credevo buono e generoso.
Antonio: E se semo stufati d'esse boni e generosi.
Gianni: La verità è che sei maligno e pieno di livore.
Antonio: Tu sei meglio di me solo perché quelli come te succhiate da secoli il meglio di noialtri! Zozzi!